Turismo spaziale
di Nicola Belcari - domenica 01 agosto 2021 ore 07:30
In alto i cuori. S’è inaugurato un nuovo turismo, dopo il turismo sessuale, deprecabile porcilaia di clienti danarosi; dopo il turismo delle catastrofi che attirano i curiosi che traggono ambigua compassione (o conforto?) dalle disgrazie altrui. È il turismo spaziale. Ancora oscure sono le motivazioni degli astronauti. Si può ipotizzare di tutto, dall’evento pubblicitario alla fuga dai creditori.
Un folle volo di sicuro non ispirato al desiderio di conoscenza e della scoperta, un viaggio che non aggiunge conoscenze scientifiche legate all’esplorazione. Sa piuttosto di avventura e sport estremo. È ricerca di emozioni forti? Di quelle che si provano quando in ballo è la vita? Esperienza unica e violenta. Un po’ fine a stessa, per un rischio senza utilità?
Se così fosse, per scaricare adrenalina andava bene anche un parco divertimenti con l’ottovolante, le montagne russe e le torri da cui si precipita a rotta di collo, come per sfracellarsi al suolo.
È sfoggio di potere e manifestazione di potenza? Per sentirsi vivi? Ma in alto si dovrebbe andare soprattutto col pensiero. Con le ali dell’ingegno sollevarsi verso il cielo, liberandosi dei turbamenti prosaici dell’esistenza quotidiana, con la nostalgia della patria dell’anima. Mirando gli astri e volgendo lo sguardo al firmamento, alla luce di Venere che annuncia l’alba e il tramonto.
C’è bisogno di staccarsene per amare la Terra?D'immergersi nel buio siderale per un atto di superbia?
Il vecchio miliardario che ha dimenticato lo spazzolino può farne a meno: sono mini-voli, di pochi minuti, anche se bruciano tanti soldi. Una sveltina spaziale. Non c’è nemmeno il tempo di festeggiare con la vodka lasciata dai russi e vedere i pianeti orbitare vorticosamente, nella vertigine di una gravità attenuata. Non c’è da illudersi di ritrovare al ritorno un coetaneo, il coscritto e compagno delle elementari (non disponendo di un gemello) più vecchio di anni, in base alla teoria della relatività (parecchio) ristretta. Semmai al contrario è l’astronauta che risulterà un po’ sciupato a causa dello stress psico-fisico subito.
Non percorrendo lo spazio alla velocità della luce gli astronauti non viaggeranno né nel passato, né nel futuro, ma solo in questo squallido presente, e l’unico mondo parallelo in cui si ritroveranno è quello che divide loro dai poveri, qui sul nostro derelitto pianeta.
Hanno seguito l’invito a recarsi in quel posto, una specie di buco nero, per trattenersi poco però. Non c’è stato nemmeno il tempo di provare l’emozione di vedere le proprie deiezioni galleggiare nel vuoto. La felicità, immagino sia dopo, al rientro incolumi sulla terra, senza essersela fatta addosso dalla paura, nella candida tuta.
Se queste sono le novità, se questo è il mondo che ci aspetta, allora viene da chiedersi: non è che noi, tutti noi, siamo finiti in un pauroso “buco nero”?
Nicola Belcari