Libero
di Libero Venturi - giovedì 25 aprile 2019 ore 06:30
Mi chiedono, Libero, scrivi qualcosa per il 25 Aprile? E io mi schermisco, non sono più tanto capace, è difficile non cadere nella retorica e poi sono indietro perfino con i fondamentali Pensieri della Domenica... Di questi tempi sono stato preoccupato e sovraoccupato dal mio trasloco, cosa che non si augura al peggior nemico, tranne che sia un fascista, ma forse per motivi umanitari nemmeno a lui e saremmo già in tema. In effetti mi ero riproposto di passare il 25 Aprile nel nuovo appartamento, preso in affitto e liberarmi finalmente del trasloco. Il giorno della Liberazione degli italiani dalla dittatura nazifascista e della riconquista della libertà dovrebbe essere anche il giorno in cui, almeno per un giorno, ma, se possiamo anche di più, ci liberiamo dai nostri affanni, da ciò che nella vita ci opprime, ci costringe, ci mortifica, ci riduce al declino che è esso stesso un’oppressione. E dall’oppressione declinante bisogna ribellarsi, riscattarsi, affrancarsi. Perché non solo sia “ora e sempre Resistenza”, ma sia anche “ora e sempre resilienza”. Cioè capacità di reagire, ricostruzione, rinascita. Le società, le città stesse, nella crisi in cui viviamo, devono essere resilienti, riscoprire nuove strade, non necessariamente di asfalto e nuovi orizzonti, non necessariamente irraggiungibili. C’è stato anche un bel convegno alla Biblioteca Comunale, ma non sono potuto andare: maledetto trasloco!
Del resto ero piccolo e il mio babbo mi chiamò così, “Libero”. Si era subito dopo la guerra. La mamma non voleva, me lo confessò da grande, perché diceva che era da comunisti e poi eravamo scomunicati. Però il babbo, che andava anche alla Messa e non era proprio comunista, ma nemmeno contrario ai comunisti come Charlot, se ne infischiava. Ti s’è anche battezzato perché noi si crede, ma te che ne sai? Sarebbe meglio deciderle da grandi le nostre scelte. Il prete voleva immergerti nel fonte battesimale, ma anche la tu’ mamma glielo disse: grazie, basterà un po’ d’acqua santa sul capo, come simbolo, il bimbo è piccino se poi mi s’ammala ci vogliono le medicine. Sor proposto, che ha paura, che il Battesimo ‘un pigli? E allora va bene anche Libero, “Liberino”, mi chiamava il babbo e il 25 Aprile mi portava alla manifestazione e mi metteva un fiocchetto rosso, quello della Cresima, che anche per quello la mamma non voleva. Era meglio azzurro, semmai, o blu o anche niente, ma rosso! Mi disse. Eri l’unico e il solo alla chiesa del Duomo e mi sembrò che perfino l’Arcivescovo ti guardasse di traverso. Invece alla manifestazione del mio fiocchetto rosso mi fecero i complimenti, perfino un applauso, erano tutti contenti e più tardi pensai che forse erano anche felici, eravamo tutti felici, nonostante nessuno navigasse nell’oro. Rosse come il mio fiocchetto erano tante bandiere che sventolavano e c’erano donne e uomini che cantavano le loro canzoni. Una era proprio bandiera rossa e avanti popolo alla riscossa. Ma ce n’erano altre di colore bianco e insieme si muovevano al vento e poi un signore sul palco e anche una donna, un’onorevole di Lucca, mi pare, presero la parola e dissero tante volte libertà, democrazia, progresso e alla fine gridarono viva la Resistenza, evviva i partigiani!
Il babbo e la mamma non ci sono più da tempo e nemmeno quel mondo così carico di speranza e voglia di futuro c’è più. E anch’io sono diventato vecchio ormai, sarà anche per questo. Ma quell’ansia di libertà, quella voglia di democrazia e di politica non si respira più. Tira anzi un’ariaccia, un tanfo di potere e ci sono ancora in Italia persone, giovani addirittura, che si dichiarano fascisti o neo fascisti, perfino neo nazisti in Europa. E il vento che soffia viene da destra, il nazionalismo, che ieri causò conflitti e guerre, oggi si chiama sovranismo, ma è la stessa. I nemici questa volta sono gli stranieri, specie se di colore: sono troppi, prima gli Italiani! Troppe sono le ingiustizie nel mondo e sono le solite, questa è la verità. E imperversa di nuovo il populismo: tutti a casa i politici, il potere al popolo sovrano! Anche il mio babbo, mi raccontò, lo mandarono a casa diverse volte con qualche manata e pedata perché non aderì al regime. Tutti i sistemi totalitari fanno schifo, va detto: è sempre meglio la più debole delle democrazie della più forte delle dittature.
Mi commuovo a ripensare a queste cose, agli oppositori perseguitati, a tutti quei poveri ebrei sterminati. Ci sono stato in un campo di concentramento in Germania e mi è venuto un groppo in gola. Mi sconfortava il contrasto tra la bellezza del paesaggio e l’orrore della tragedia che in quei luoghi si era consumata. L’uomo è nemico dell’uomo e invece dovrebbe e potrebbe essere il suo rimedio, come dicono i senegalesi che, tra l’altro, parteciparono, insieme alle truppe francesi alleate, dopo l’otto Settembre, alla liberazione del nostro Paese. E quando sento parlare il Sindaco con la fascia tricolore a tracolla accanto al monumento ai caduti di tutte le guerre e della Resistenza mi prende un moto di orgoglio e poi canto “Fratelli d’Italia” e “Bella ciao” a squarciagola insieme agli altri. E mi sembra di sentirlo il mio babbo chiamarmi “Libero, Liberino!” E la mia mamma, più in disparte che mi guarda con amore. Hai visto com’è bello questo Paese!? Non lo so se è sempre bello, ma grazie della fede che mi avete lasciato. Del resto noi facciamo Venturi di cognome e il destino è per ventura, per sorte e la sorte va come va, per gli uomini e i loro paesi. Ma Libero sono rimasto, di nome e di fatto. Evviva il 25 Aprile, evviva la libertà!
Pontedera, 25 Aprile 2019
Libero Venturi