CABO VERDE - Seconda puntata
di Marco Celati - venerdì 31 marzo 2017 ore 15:07
Questa volta, ritornato in Italia, si trattenne di più nel Bel Paese, con la sodade della morabeza addosso. Quanto non lo sa di preciso: il tempo di imparare il portoghese. Se lo fece insegnare al Centrum locale di Sete Sois Sete Luas. Gli facevano leggere in lingua originale Saramago, il premio Nobel, cittadino onorario e loro nume tutelare. Quando si sentì pronto -non era di quelli nati pronti- portò di nuovo al figlio saluti e gatto, si accomiatò da qualche ex collega e partì. Questa volta con una valigia pesante. Questa volta era partito per restare. Ed è cosi che ora si trova a Capo Verde, sull'isola di São Vicente e fa decompressione sul terrazzo di un appartamentino di due stanze con vista mare, che ha preso in affitto, in una pousada vera, senza italiani al seguito, nel centro storico di Mindelo.
Qui ci sono il cielo, il mare, il sole. Poi la stagione delle piogge, dura poco, piove meno: sono giorni allegri, noiosi, nuvolosi. La vita si svolge tranquilla, bisogna solo prepararsi al Carnevale: si svolge a Mindelo nel mese di febbraio, una parata sullo stile del carnevale brasiliano. È il più animato di Capo Verde, insieme a quello, dicono, dell'isola di São Nicolau. Una vera sarabanda di colori e allegria. Un vero giramento di coglioni, forza nove. Poi c'e il Festival di Baía das Gatas: nel mese di agosto, sull'omonima spiaggia si esibiscono gruppi musicali nazionali e stranieri e poi via alle danze tradizionali e perfino alle corse dei cavalli! Basta non andarci. Interessante il Mindelact, il Festival del Teatro che si svolge tutti gli anni nel mese di settembre e propone spettacoli di artisti internazionali e capoverdiani in giro per la città o nell'auditorium del centro culturale. Si può scegliere a quali andare.
È uscito in strada, è sera, rinuncia a fare la spesa, la farà domani ormai. Dove va? Non lo sa di preciso. Prende la litoranea, la passeggiata lungo mare, tiene l'Oceano sulla destra. Ci pensa sempre che quello è l'Oceano e non un semplice mare. Incontra il vecchio molo commerciale con i suoi resti arrugginiti. È fissato con le cose in disfacimento. C'è la vecchia Alfandega, la dogana, divenuta Centro Culturale e la Biblioteca Comunale che spesso frequenta: legge in portoghese Pessoa, rilegge Tabucchi. Si ferma davanti allo strano monumento a due trasvolatori portoghesi dell'Atlantico. Più in là la Torre di Belem copia di quella di Lisbona. Imbocca la strada verticale al mare, Rua de Lisboa, svolta subito a sinistra e arriva a Praça Amilcare Cabral, già Praça Nova, sede del passeggio serale, con gli hotel prestigiosi, il Centro Nacional de Artisanato e il Cinema. Segue un po' lo struscio, guarda le vetrine dei negozi, poi si annoia, si rompe i coglioni e torna sui suoi passi, in Rua de Lisboa, sulla destra ci sono il Centro Culturale Francese, i caratteristici Café Royal e Café Lisboa e il Mercato Centrale. Domani farò la spesa. Ripassa mentalmente i suoi appunti in prima bozza non corretta, per non dimenticarsi. Qualcosa, poco, ha imparato a cucinare, carne, pesce, uova. Il pesce è fresco e costa poco.
Gira un po' e si infila in un locale, un Restaurante Bar, si chiama "Pica Pau", che vuol dire "picchio", in Rua Santo Antonio, uno di quei locali tipici dove si può mangiare bene. Musica di Césaria Évora, la "diva a piedi nudi" era di qui. Il menù riporta una serie di saporite zuppe locali. C'è il "caldo de peixe", a base di pesce con verdure speziate, che lo tenta. Però ordina una "katchupa", una minestra di mais e fagioli con carne, pesce e verdure. La katchupa è il piatto base della dieta dei capoverdiani. Ognuno la fa con gli ingredienti che ha, la mangiano proprio tutti, minimo una volta al giorno, i più poveri anche tutti i giorni. Qui la servono anche al mattino, quella della sera prima, addensata, scaldata in padella, con fette di salamino e sormontata, ad abundantiam, da un uovo fritto. Una colazione così ti leva la fame fino alla sera. Il problema è se la reggi, la katchupa.
A volte, nei giorni migliori, si sfonda addirittura con la "pastel com diabo dentro", la pasta con dentro il demonio! Fatta con cipolle, pomodori e tonno fresco in una pasta di patate e farina, il tutto fritto e poi servito bollente. Cazzo! Tutti piatti unici, naturalmente. Ma lui stasera si sente in forma, esagera. Però si tiene sul leggero e, per secondo, prende un assaggino di "kroketi di atum", sono crocchette di tonno. Ottime. Il tonno lo pescano qui e ha un altro sapore. Nei giorni di lusso si concede l'aragosta che però ha sempre trovato faticosa a mangiarsi e costosa a pagarsi.
Prende un frutto, un mango tagliato in cubetti -qui la frutta è cara- e, dulcis in fundo, un "pudim di kexu", un budino al formaggio. Spesso accompagna i pasti con la Coral o la Clep's, le due birre locali, ma stasera ha annaffiato il tutto con un "vinho branco" freddo dell'isola vulcanica di Fogo. Quattordici gradi, fuoco nel sangue! E, per digerire, già che c'era, un bicchierino di Grog di Santo Antao, un rum servito sotto forma di punch. Paga uno stonfo, ma ne valeva la pena, una volta al mese se lo concede.
Esce, lascia addirittura la mancia e la sua dedica con firma tra quelle sulle carte appese alla parete, come se fosse uno famoso. Ha la testa leggera, riprende a camminare, dove andare non lo sa di preciso. Fa la strada a ritroso. Passa per le strade della città coloniale, una città di fine 800, un gioiello architettonico, Mindelo, la capitale culturale di Capo Verde. Giungono suoni, musica dai locali, si è fatto scuro, si sono accesi i radi lampioni delle strade. Qui l'elettricità è merce rara. Deve smaltire quello che ha mangiato e sopratutto bevuto. Incrocia qualche comitiva di turisti rumorosi, le risa e i saluti li sente nella testa. Tira dritto, riprende Rua de Lisboa, a destra subito dopo il Café Lisboa: una strada in leggera salita lo porta davanti alla Camara Municipal, il Comune e alla Chiesa di Nossa Senhora da Luz. Prosegue, arriva nella geometrica Praça Estrela, con i suoi azulejos, piastrelle colorate di ceramica in stile portoghese, che riproducono immagini che raccontano la vecchia Mindelo. Poi si dirige verso l'Oceano e ripassa dalla Torre di Belem. Guarda il mare, ne sente la voce profonda nella notte. Avverte nelle narici l'odore forte della salsedine. Non c'è luna, ma il cielo è stellatissimo sopra l'isola. Al largo si accendono e si spengono luci, si sentono, lontani, i rumori di barche a motore. E non succede niente. Niente di niente, non ce n'è bisogno. Ed è tutto.
C'è una panchina vicino ad un palmizio, sotto una lampada fioca. Si siede in quella penombra, che tende al buio. Ora il vento sembra riprendere, muove la lampada in un gioco ipnotico di luce e di ombra. Che cosa fa, che cosa è, non lo sa di preciso. Forse non fa più niente, non è più niente, sta solo lì, in una pace non del tutto sobria, ma chissenefrega. Qui tutto è piccolo e grande insieme, limitato e sconfinato. Ci si sente così, in quelle isole fuori del mondo, prigionieri e liberi nello spazio, lontani da tutto, lontani da sé. Forse si assopisce un po', poi si alza e cerca la via di casa, il suo letto. Terrà la finestra aperta per far entrare la notte, le stelle, l'Oceano. E le zanzare, il letto sta sotto un baldacchino che lo avvolge: una rete trasparente che funge da zanzariera. Domani farà la spesa e poi passerà dal porto, a piedi, fino alla spiaggia di Laginha, quella preferita dai mindelesi. Una spiaggia popolare, un po' trasandata, in compenso il mare è bello, l'inquinamento del porto non riesce a sciuparlo. È grande quel mare, si chiama Oceano, Oceano Atlantico. Domani o nei giorni seguenti forse andrà di là dalla baia, verso il Monte Cara, il cui profilo sembra il viso di una persona, come la bella addormentata in Versilia: c'è la spiaggia di Morro Branco. Ma poi bisogna raggiungere le spiagge più belle, fuori Mindelo e organizzare quel "pic nic na areia", sulla sabbia, a Salamansa. E domani telefonare a suo figlio. Fare l'elenco dei proponimenti è il miglior modo per addormentarsi.
Chi è lui? Chi era, se lo ricorda? Forse nemmeno lui lo sa più di preciso. A volte si sentono con Calogero, un suo ex collega, ormai prossimo anche lui al passaggio tra gli assistiti dello Stato. Dopo una vita di servizio ce lo siamo meritati commissa'! Hai ragione Calò, come va? Va che sono diventato nonno, la figlia più grande! Complimenti Calogero, tutto bene? Si graziaddio, tutti bene. Ciao Calogero. Ciao Nedo, ciao.
Lui è il commissario Favati, anzi l'ex Commissario Favati, sta a Capo Verde e aspetta una telefonata di suo figlio, che non arriva. Alla fine si decide lui a telefonare. Pronto, sono il babbo, come va? Bene, quando torni e te lo riprendi il tuo gatto? Povero Portasfiga, come sta? È un bel gatto, avevamo detto di chiamarlo Mezzacoda, d'accordo che è nero, ma insomma! E la coda? Mezza, ma bene, te sempre a San Vicenzo? C'è n'è uno anche in provincia di Livorno, facevi prima! Spiritoso, hai voglia te: São Vicente, che posti! Pensavo, quasi, quasi di restare. Ancora!!! Ma che ci fai, confinato in codesto angolo perduto del mondo? Non lo so di preciso, però non so nemmeno più che ci faccio costì. Vabbè, se proprio non lo sai... abbi cura di te, fammi sapere. Ti voglio bene, Lucandrea. Anch'io babbo, peccato per il nome. Lo sai eravamo incerti tra i due con tua madre. Avete unito i nomi e vi siete separati voi, un capolavoro! Be' però il nostro capolavoro s'è fatto, NOI, capito?! See, see, ciao. Ciao, ma poi che problema c'è per il nome? O io che mi chiamo Nedo! Hai ragione anche te e sorvoliamo sul cognome, fatti vivo ogni tanto.
Marco Celati
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Pontedera, 10 Marzo 2017
Lasciamo, per il momento, al suo destino il commissario Favati, perso fra le splendide isole dell'arcipelago di Capo Verde, alle prese con la "sodade" e la "morabeza". In qualche modo dovevamo liberarcene. Si è preso una pausa, chissà se breve o permanente. Cerca qualcosa, non lo sa di preciso: forse sé stesso o un un altro da sé, in un suo altrove e rimane così, in un malinconico stand by. Poi non è detto che nell'isola, in cui il nostro pensionato si è arenato, non vi sia bisogno di nuovo dei suoi servigi. Al giorno d'oggi avvengono delitti anche in paradiso.
Per il racconto ho consultato Wikipedia, navigato con Google Maps ed Earth, in rete insomma, saccheggiando i vari turisti per caso, per sempre o fai da te che assecondano o contrastano il moto universale delle sfere. Un grazie particolare a Marco Abbondanza, direttore e creatore di Sete Sois Sete Luas per le informazioni, i consigli, le correzioni. E per tutto. Che non è poco
Marco Celati