GLI ULTIMI - Ecco cinque
di Marco Celati - venerdì 22 febbraio 2019 ore 09:58
Un fantastico blues viene giù/ da una chitarra sola/ È la vita che non viene più/ come veniva giù prima/ No, dei rimpianti tu non ne hai/ hai fatto tutto in fretta/ Eri un tipo precoce/ un po’ troppo veloce/ per una vita sola. Ascolto Vasco Rossi. Una vita sola è già tanto, però. Averne un'altra mi sembrerebbe eccessivo. Se invece fosse possibile, cosa cambierei? Forse niente a pensarci bene. È capace che rifarei di nuovo la mia vita. La rifarei e sono sicuro sbaglierei ancora, ripercorrerei gli errori commessi. O forse no, ma ne farei di nuovi: penso sia inevitabile. Vorrei solo evitare di far male, di aver fatto male. E non vorrei essere sempre stato al centro delle cose in cui mi sono messo o mi sono fatto trovare o mi è capitato di stare. Tutto qui.
Ci sono cose che non vorrei avere fatto. L'altro giorno, in pausa pranzo, dopo aver preso qualcosa al bar, con la mia compagna stavamo andando in un negozio, lei forse doveva comprare qualcosa. Era una bella giornata di una precoce primavera. Quando ad un tratto è arrivato: ecco dieci, ecco dieci, ecco dieci. Un tipo che, quando mi vede, fa così, mi viene incontro e non mi molla più. Poi tratta al ribasso: ecco cinque, ecco cinque, ecco cinque. Vuole che gli dia dieci o cinque euro. E ripete questa litania, me la grida davanti a tutti, in mezzo alla strada, finché non lo accontento. In genere faccio così, lascio scendere le quotazioni a cinque e poi caccio i soldi e lui se ne va. Non è povero, è un po' disturbato, credo lavori da qualche parte, come categoria protetta. Si chiama Antonio, gira sempre con una radiolina.
Anche quella volta, nonostante fossi con la signora, non si è peritato: si è messo dietro a noi ripetendo le sue richieste ad alta voce. Gli avrei dato i soldi, ma la compagna dice che no, non devo, che non avrei dovuto mai. Lo facevo anche con "il Poeta". Pure lui chiedeva soldi per strada: si era lasciato andare, girava malvestito, viveva alla giornata con il sussidio degli indigenti. Abitava in un paese vicino, a volte lo accompagnavo a casa se perdeva la corriera, i soldi che gli davo li giocava ai cavalli, scriveva poesie bellissime. Anche lui chiedeva il suo obolo con insistenza, in genere con più garbo di "ecco cinque". Ora non c'è più e mi manca.
Ecco cinque, ecco cinque, ecco cinque, cerchiamo di sfuggirgli, ci infiliamo in un negozio, non so se era quello dove si doveva andare a fare acquisti. Ma lui ci segue anche lì, la compagna si vergogna, dice andiamo via devo rientrare al lavoro, mi dispiace, avevo poco tempo.
Ecco cinque, ecco cinque, ecco cinque. Ed allora l'ho fatto. L'ho fatto. Gli ho messo le mani addosso, l'ho spinto fuori con forza per il petto e ho continuato a prenderlo a spintoni per strada. La gente passava, ci guardava. Gli gridavo: ma ti rendi conto! Basta!! Rompicoglioni!!! Si è spaventato, ripeteva il mio nome e ancora ecco cinque, ecco cinque e poi di nuovo il mio nome. La cosa che faceva più male e che non riesco a scordare era quello sguardo sorpreso e atterrito, smarrito e implorante. La gente passava. E anche noi ce ne siamo andati. Ho accompagnato la compagna al lavoro e sono tornato indietro, sul Corso. "Ecco cinque" era ancora lì, mi ha visto, ha abbassato la testa, anch'io l'ho fatto e ho tirato dritto. Non c'è da essere fieri di questa bravata. Proprio no, proprio io, il difensore degli ultimi. Ad aggredire i più deboli si prova solo vergogna. Poi posso anche giustificarmi: mi importunava, aveva passato il limite... Ma spesso è così e bisognerebbe avere misericordia per gli altri ed orrore di sé.
Anche in questa circostanza, se la vita fosse un nastro che si potesse riavvolgere e far partire di nuovo, chissà cosa avrei dovuto fare. Forse non avrei dovuto abituare il signor "ecco cinque", dandogli i soldi che chiedeva. Forse avrei potuto dirgli: se sono da solo, vabbè, ma quando sono in compagnia non venire a importunarmi. Non so se avrebbe capito, però non è che non intende: sceglie fra tanti e si fionda proprio da me. Oppure potrebbe anche darsi che in un'altra vita i nostri ruoli fossero invertiti. E fossi io a recitare la giaculatoria, a elemosinare il mio "ecco cinque, ecco cinque". Magari per distinguermi e darmi un tono potrei dire "ecco five, ecco five". Chissà lui che farebbe, mi prenderebbe a spinte? Mi darebbe i soldi? Ma io continuerei a ripetere, imperterrito, la mia richiesta ossessiva, compulsiva, come per dire eccomi, guarda: ci sono anch'io a questo mondo. E ho scelto te.
Pontedera, 20 Marzo 2016
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"Ecco cinque" fa parte, insieme a “Veronica & Franca”, “Le babbucce” e “Il senzatetto”, della serie "Gli ultimi", uscita su QUInews nel blog del sottoscritto, “Raccolte & Paesaggi”. Il racconto purtroppo è pressoché vero. E, come si desume dalla lettura, si può anche pensare e scrivere bene o decentemente, ma vivere e comportarsi banalmente male o malamente. Da stronzo, come in questo caso ho fatto io. Antonio è morto in questi giorni e il dispiacere è grandissimo.
Marco Celati