Continuando, la nonna e il carretto
di Marco Celati - domenica 06 novembre 2022 ore 08:00
E insomma insomma, abbiamo un governo di destra. Che più destra di così in Italia non si può. E infatti non s’era mai visto. Tentativi destrorsi, diversi, ma l’obiettivo pieno non era stato mai centrato. Perché allora è successo? Non saprei. La suerte es caprichosa! Due potrebbero essere le ragioni. In primo luogo per un effetto collaterale, pernicioso quanto rispettabile, della democrazia. E, in subordine, per una sciagurata, quanto inevitabile applicazione del famoso assunto “della nonna e del carretto”. Un principio ipotetico di contraddizione, un assioma che vige in natura, nelle cose e perfino in politica. Se infatti, al netto degli errori, Letta, Conte, Renzi & Calenda si fossero trovati d’accordo non saremmo a questo punto: sarebbero stati maggioranza nel Paese. O d’ora in avanti dovremo dire Nazione? Mission impossible, è vero, ma poco meno difficile che tenere insieme Meloni, Salvini e Berlusconi. Insomma se il centrosinistra, largamente inteso, fosse stato unito o solo munito di cristiano spirito di sopportazione, sarebbe stata tutta un’altra storia. Ma, come si dice: “se la mia nonna avesse avuto le ruote, sarebbe stata un carretto”. E uso la consecutio temporum perché la scrittura deve essere inappuntabile. Non è vero, è meglio dire “se la mi’ nonna aveva le rote, era un carretto”: indicativo, gergale. Comunque sia, il succitato, sarcastico detto interviene purtroppo ad avversare l’auspicio unitario di cui sopra. Il principio ipotetico di contraddizione “della nonna e del carretto” stabilisce nei fatti che l’eventualità di essere uniti a sinistra e nel centrosinistra contravviene ad un fondamento logico e di realtà, di natura, forse, che ne decreta l’impossibilità. Che poi, povera nonna! Ma come? Barattare una cara figura parentale per un banale carretto. Perché mai?! Che cattiveria! Lo dico anche da nonno. Io alla mia nonna Clelia, vulgo Crelia o alla mia nonna Isabella, vulgo Lisa, ero affezionato, volevo loro bene.
E quindi la Meloni, prima Primo Ministro donna. Che lei è Giorgia, con tutte le faccine e il gridato che sappiamo. “Il” Presidente del Consiglio, che non gradisce nemmeno la declinazione di genere. La incarna. Ma si rivolge con proterva, ancorché applaudita arroganza alla onorevole Serracchiani e con un labiale alla Cambronne all’onorevole Conte. E se poi il roboante sovranismo nazionale si riducesse alla “sovranità alimentare” del nuovo Ministero dell’Agricoltura? Dice in Francia è già così e Carlin Petrini che si tratta di un’antica rivendicazione contadina. Una roba seria. O capace è la riprova che, in populista e biblica soluzione all’italiana, tutti i salmi finiscono in gloria. E allora evviva il culatello sovrano e il sovranismo a taralucci e vino! Del resto, a proposito di Ministeri, anche famiglia e natalità perché devono essere in contraddizione? E istruzione e merito? In effetti, ci mancherebbe! Ma l’innalzamento del contante con la lotta agli evasori? Non sono in relazione? Come la lotta al Covid con i medici no-vax reintegrati? Come sicurezza e solidarietà? Alla fine tutto torna. Speriamo non indietro. Che già non eravamo troppo avanti.
Varrà comunque la pena riflettere che nella storia più recente solo donne di destra si sono affermate alla guida di paesi europei. Resiste l’eccezione della giovane premier finlandese. Alla quale tutti, guarda caso, “rimproverano” il privato. Perché questo primato femminile della destra, peraltro non così femminista e oltretutto priva di quote rosa? Non saprei: o ci vogliono donne forti per affermarsi in politica, in genere pratica preclusiva maschile, oppure ci vorrebbe una sinistra migliore. Le due cose insieme? Può darsi. Non me ne intendo e lascio qui l’argomento, in cui mi sono fin troppo addentrato, che non è proprio nelle mie corde.
La politica era più materia dell’amico e sedicente scrittore Libero Venturi, con i suoi “Pensieri della Domenica”, che però si è messo a riposo. Si vede che da uomo di sinistra presagiva la debacle. Le poche volte che lo vedo dice che è stanco, da diciotto anni che faceva politica e ora ne ha settantadue. Si è eclissato nel divano di casa. Dice basta, starà agli altri. E se gli chiedo gli altri chi? Tutti gli altri, risponde, quelli che sono stati sull’albero a cantare senza sbagliare mai, i fancazzisti e le anime belle della sinistra, i più giovani. È esacerbato, la vecchiaia e l’arteriosclerosi sono cattivi clienti, brutte bestie indomabili. Ma, come disse e scrisse Salvemini nel 1925, "non si può mollare", cerco di riprenderlo, rubando una frase di uno storico amico. Perché? Salvemini è sempre vivo? Mi ha risposto con sarcasmo. Ci mancava un “poeta” come te. E mi ha liquidato.
Nella sua rude intemperanza forse ha ragione l’amico. Mi sono sempre interessato più ad altre cose e non saprei neanche dire quali. Perché nemmeno può dirsi che ciò che si può ritenere “altro” sia appannaggio esclusivo di chi pensa lo sia. Tutti hanno cuore, sentimenti, sensibilità. Per tutti un tramonto è un tramonto. A ciascuno il cielo suggerisce l’immenso infinito e il mare il profondo insondabile. L’apparenza inarrivabile è l’orizzonte che li confonde. Su questa Terra, come il pane che nutre o l’acqua che disseta, ognuno ha bisogno di amore. E non è meno ingiustizia esserne privi. Essere e vivere, dando ad entrambe le cose un senso, è l’impegno di tutti. È fatica comune. Così ciò che sembra meno utile è ciò che serve. Una parola sola fra tante, fra troppe. Un semplice pensiero, una vecchia canzone e una nuova, un libro, un’opera d’arte. Una solitudine condivisa, una malinconia, un ricordo caro, qualcuno che non c’è più. E chi c’è. Chi rincorre la vita, chi la perde. E tutti noi che sentiamo ciò che non va, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo. Quello che sfugge e non si è. Tutto il superfluo. Sia lode al superfluo. È il superfluo a rendere più necessaria la vita.
E chissà se allora ha proprio ragione l’amico. Perché per tutto questo continuo a pensare che gli uomini non nascano fratelli, ma che lo siano, che lo debbano essere. Che i paesi sono più che nazioni con i confini tracciati dai potenti sulle carte. Che abbia avuto ragione Pericle parlando agli ateniesi, e ancora sia vero, quando disse della democrazia e che nessuno è straniero. Che la Terra sia la Terra. Che liberi, diversi ed uguali abbiamo diritto e speranza di essere. Perché, continuando, per amore e per tutto il nostro cuore vibra. E un tramonto non è un’alba capovolta. Un’alba è un’alba. Bisogna saperlo.
Marco Celati
Pontedera, Novembre 2022
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“Continuando” di Jehro, Jérôme Cotta, cantautore francese nato a Marsiglia, in Belle de Mai. Bella di Mai, come a Pontedera!
Marco Celati
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