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mercoledì 13 novembre 2024

RACCOLTE & PAESAGGI — il Blog di Marco Celati

Marco Celati

MARCO CELATI vive e lavora in Valdera. Ama scrivere e dipingere e si definisce così: “Non sono un poeta, ma solo uno che scrive poesie. Non sono nemmeno uno scrittore, ma solo uno che scrive”.

​L’Australiana

di Marco Celati - giovedì 23 febbraio 2023 ore 09:00

Kylie Minogue - Can't Get You Out Of My Head (Official Video)

Ho beccato l’australiana. Che detta così, un tempo, molto tempo fa, poteva pure piacermi. Amore, gioventù, belle parole! Ma la parola seduce l’anima. Inganna. Anche per questo si usa. Infatti l’australiana in questione non è una fascinosa rappresentante femminile degli antipodi, bensì un’antipatica influenza proveniente dal nuovo mondo. Dove è inverno quando da noi è estate, così laggiù si manifesta in anticipo e poi parte dall’isola del giorno prima e il suo eco arriva fino a noi. E non solo il suo eco. Il mondo è globale, mica piatto. Evviva!

I sintomi sono i soliti, febbretta, tossetta, mal di gola. Niente di nuovo sul fronte occidentale che infatti dici che vuoi che sia, un’aspirina o due -con vitamina C, ora e sempre- e tutto passa. Continuo con il lavoro, le solite cose -magari tengo la mascherina- e i colleghi che ti dicono, ma no, stai a casa, riguardati, riposati. Oggi, dopo la pandemia, un colpo di tosse, uno starnuto, fanno subito insorgere la sindrome e il sospetto della pestilenza e dell’untore. Di questi passi, oltre al rischio del giustizialismo -non esiste presunzione d’innocenza, di non colpevolezza- insorgerà quello del “salutismo”: non basta il green pass, occorre certificare che non siamo malati per frequentare luoghi pubblici e di lavoro. E forse sarà necessario un certificato di esistenza in vita, per dire che ci siamo. Che non siamo morti. Pensare che ho assunto la quarta dose del vaccino anti Covid e recentemente perfino il vaccino antinfluenzale. E, nonostante ciò, ho fatto anche un tampone in farmacia, per sicurezza, risultato negativo. Il fatto è che nemmeno la scienza medica può tutto davanti al male.

In effetti l’australiana, perfida, si è impossessata di me e dopo due giorni, abbattute le mie difese immunitarie, sono esplosi i sintomi della sua virulenza. Gola tagliata da non deglutire, tosse secca spacca polmoni, febbre non tanta, ma, in compenso, un senso di spossatezza, di sfinimento estremo. Un’australiana alla mia età non si regge più. Ti distrugge. I colleghi purtroppo avevano ragione a consigliarmi cautela. All’inizio mi sono curato con farmaci da banco: bustine dal rivoltante sapore agrumato, dolciastro sciroppo lenitivo. Niente. Acqua per occhi. Allora ho chiesto al medico.

Il mio medico è uno bravo, fra i più stimati e conosciuti in città. Il precedente, un vecchio amico di scuola, se n’è andato in pensione. Per inserirmi tra i mutuati del nuovo ho atteso anche un po’. Sono massimalista, mi ha detto. Pensavo che si riferisse a qualcosa della storia del socialismo. C’erano i massimalisti e i riformisti, mi pare. Invece era il numero dei pazienti. A medicina c’è il numero chiuso, gli ospedali e le strutture sanitarie pubbliche avrebbero bisogno di essere implementati, dopo il Covid l’avevano giurato tutti e invece… Abbiamo rinunciato ai soldi del Mes, 37 miliardi, che l’Europa metteva a disposizione per la sanità, per paura dell’Europa -che fessi! -e ora non ne abbiamo per rilanciarla come sarebbe necessario. Così i medici sono sovraccarichi e le liste di attesa interminabili. Detto ciò onestamente avrei scelto ugualmente il mio medico. È una questione di fiducia. Siamo fatti così. Mi ha dato delle cure più forti: cortisone, un noto oppiaceo, amaro come il veleno, da prendere in gocce per sciogliere la tosse. Attenzione che dà sonnolenza. Sì? Che è successo? Dove mi trovo? Ma forse è stato l’effetto Sanremo. Ho prenotato una visita. Se si riuscisse a prenotare anche la malattia e far coincidere le due cose sarebbe il massimo.

D’altra parte anche di questo siamo fatti: di muco da secernere e umori maligni. Si mescolano con la linfa vitale, come il bene si intreccia con il male nelle nostre vite. Fatte di attimi e settimane enigmistiche, direbbe Paolo Conte. Un rebus, come nelle poesie di Edoardo Sanguineti. Non c’è che attendere e resistere. Giungere alla soluzione. Solo era un po’ che non mi ammalavo così a buono, probabilmente per effetto della mascherina o dei vaccini, e quindi quei farmaci hanno agito su me con effetti debilitanti e con un particolare accanimento sul transito intestinale. Dice che da quelle parti c’è una specie di secondo cervello, quanto alle funzioni dell’organismo umano. E allora siamo a posto! Forse per questo molti politici parlano alla pancia della gente. Fatto sta che, anche attraverso lassativi naturali, sono passato, in rapide e sofferenti sequenze, da una costrizione assoluta ad una dissoluzione fulminante: tipo dissipatio h.g. Dove h.g. in latino sta per genere umano. E dissipatio sta per dissipatio, sempre in latino. C’è anche un libro di un bravo e trascurato autore, che morì suicida.

Avevo preso gli yogurt con il bifidus, il trifidus e lo schifidus actiregularis e poi enterogermina a gogó, formato famiglia, con il bacillo buono, ma nulla di fatto, quanto a regolarità. L’uomo è fatto di eccessi: o tutto o niente. Dice bisogna bere. Vino no, perché uno dei farmaci espressamente lo vieta. E poi non che sia un gran bevitore. Acqua. Bere tanta acqua. Va bene. Quanta? Due litri al giorno. Va bene. Preferisco la morte, grazie, il suicidio assistito. Ma come si fa? Non mi reggerebbe neanche la prostata. Ovvia!

Comunque sono guarito o sto ancora guarendo. Tutti si guarisce da qualcosa, finché si può. Però la notte dormo poco e male. Manca il respiro, dolore alla schiena per eccesso di decubito da divano e tivvù. Agitazione e insonnia senili. Invece bisognerebbe dormire: il sonno è la miglior medicina. Anche gli eroi mitologici dopo un lungo sonno si riprendevano o, viceversa, dopo l’impresa cadevano in un sonno ristoratore. Gli eroi. Io se dormo troppo, mi viene il mal di vita. Che dovrebbe essere uno sgrammaticato anacoluto, come espressione retorica, e, come esperienza, un discreto giramento di palle.

A volte mi sento svenire. Allora chiamo i miei cari, la compagna, i figli, in questo monolocale, ricettacolo incubatore di germi patogeni che da quindici giorni inconsciamente addestro. Insomma, vado giù di pressione, mi spavento e faccio correre pieno. Come si dice. Così ho fatto fare una copia delle chiavi dell’appartamento. Non si sa mai. Quando si muore, si muore soli, ma speriamo di no. Ci sono le primarie del PD! Nelle ore consentite dalla fascia in cui posso uscire sono andato a fare un po’ di spesa al supermercato. Uno dei figli -il più ironico, che chissà da chi ha preso- mi ha detto se svieni, fallo nel reparto surgelati, così ti conservi meglio. Pensavo di svenire direttamente nel carrello, ho risposto, per facilitare i soccorsi.

Rientro al lavoro, al mondo fuori, alle decisioni, le scelte, le incombenze. Le risa, le burla, il piacere e il fastidio, la responsabilità di vivere. Ho già l’ansia da prestazione. Farò visite e analisi mediche. L’australiana mi ha sopraffatto. Mi ha fatto capire con la sua forza virale una cosa che cercavo di rimandare, di far finta di no. La poetessa Achmatova ha torto: la saggezza forse no, ma la “vecchiezza” esiste, eccome. E non voglio confutarle altro. Non sono più produttivo o producente. Lo sono stato, forse. Ora non più. Sono senza forze, fragile. Très âgé, per essere gentili. E quel che sconforta è la sensazione di non poter più essere d’aiuto. Benvenuto definitivamente nella vecchiaia, Celati! Ma, non piangerti addosso, consolati, non sarà neanche per sempre.

Pontedera, Febbraio 2023

Marco Celati

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